MEDICINA ARMA DI POTERE
PAOLO SOSSAI- DIRECTOR OF MEDICINE
MD, PhD, AGAF
Medicina arma di potere
Presentazione a cura di Sandro Spinsanti
“Prima o poi arriva il momento di decidere che tipo di medico vuoi essere”. È la conclusione a cui giunge Adam Kay, un giovane inglese specializzando in ostetricia. “Durante la specialità – precisa – il tuo personaggio evolve, ma ci vogliono due o tre anni per assumere un modo di fare coerente che manterrai durante la carriera da specialista. Sei sorridente, simpatico, ottimista? Silenzioso, contemplativo e scientifico?” (Adam Kay: Le farò un po’ male. Diario tragicomico di un medico alle prime armi, ed. Lastania, 2018). Si tratta dell’atteggiamento abituale che adottiamo e che definisce il modo di essere al mondo. Analisti sofisticati del comportamento sociale, come Roland Barthes, lo chiamano “postura”; definisce il look, il gesto, la messa in scena, lo stile. Se per un agente consiste nel decidere se identificarsi con il poliziotto buono o con quello cattivo (o con il razzista), non meno decisiva è la postura che sceglie di prendere, in maniera più o meno consapevole, un professionista della cura. Dà forma così, appunto, al tipo di medico che vuol essere.
Lasciamoci ora condurre in un altro scenario e immaginiamo scelte che si collocano oltre il confine delle preferenze personali. Una grande istituzione universitaria si potrebbe chiedere: che postura vorrei che adottassero i medici che questa istituzione fornirà alla società? Se si tratta di un’università a impronta religiosa – nel caso specifico cristiana – probabilmente desidererà che i professionisti che si formano nel suo ambito al termine del percorso conoscano da vicino la religione a cui si ispira. Gli studenti dovranno perciò seguire obbligatoriamente nel primo anno un corso di introduzione al cristianesimo. Non solo: nei due anni seguenti avranno lezioni di antropologia (cristiana) e di etica medica. Dovranno riflettere sulle dimensioni dell’essere umano a cui un giorno offriranno le cure mediche, anche a quegli aspetti che esulano dal sapere biologico e delle scienze esatte: salute e malattia, nascita e morte, corporeità e spiritualità, guarigione e cronicità, individualità e socialità. Non meno esigente sarà il confronto con l’etica, che porta a giudizi di valore sulle scelte che costellano il percorso di cura. Una scelta ideologica? Sì, certo; ma non solo. Anche l’indicazione di un certo modo di praticare la medicina, che include organicamente le Medical Humanities. E tu chiamala, se vuoi, “postura”…
Non è difficile riconoscere in questa opzione di ampliare il più possibile l’orizzonte mentale degli studenti di medicina la scelta della Facoltà di Medicina dell’Università Cattolica del S. Cuore di Roma. Nei primi tre anni i giovani che si orientavano a diventare professionisti della cura erano tenuti a frequentare i corsi e a sostenere gli esami nei tre ambiti che abbiamo menzionato e che si propongono come un sapere complementare a quello scientifico-biologico che costituisce l’armamentario necessario a ogni medico. L’evocazione è d’obbligo, perché è proprio in questo scenario che la mia strada di docente e quella di Paolo Sossai, giovane discente, si sono incrociate.
Ovviamente non era ancora medico; né gastroenterologo, né internista; né era ipotizzabile la carriera che avrebbe fatto nella ricerca e nella gestione delle strutture della sanità pubblica. Ma una cosa è certa: aveva fatto propria quell’ampia apertura di orizzonte che l’Alma Mater universitaria aveva disegnato per coloro che avrebbero fatto della cura l’obiettivo della propria vita. L’onda lunga di quel giovanile entusiasmo per l’intreccio della medicina con i grandi temi dell’esistenza individuale e sociale l’avvertirà il lettore che si accinge a prendere in mano il saggio dedicato a Medicina arma di potere. L’accoglierà l’indignazione per le ingiustizie che segnano la distanza tra i diritti affermati, le promesse enunciate e le cure effettivamente erogate. Ma anche la tenace speranza che nel rapporto di cura possa prendere forma il meglio dell’umanità. Una postura assunta da giovane e tenacemente mantenuta nello scorrere degli anni, fino a decidere quel tipo di medico che ha deciso di essere.
Sandro Spinsanti
Già docente di “Antropologia cristiana” e di “Etica medica” presso l’Università Cattolica, Roma
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